Da un po’ di tempo penso che non sia interessante, per le quattro persone che capitano qui per caso, leggere le recensioni delle sfilate fatte da me. Voglio dire, potete sempre leggerle su Vogue, o su Repubblica, come del resto faccio io. Poche volte, ormai, ho la voglia di commentare una sfilata sulle pagine del blog. Ma per Trussardi farò un’eccezione e, mi perdoneranno quelli alla ricerca di suggestioni auliche, inizierò con un commento veramente “terra terra”. Finalmente, maglioni e cappotti per l’inverno.
La moda spettacolo ci ha abituate ad altro – ed è forse per questo che è diventato cool girare in abito da seta smanicato a febbraio – Trussardi ci riporta alla realtà della stagione fredda, riuscendo però a farci vivere un inverno a metà tra Parigi e Milano. Forme morbide, calde, volumi che assecondano “l’ingombro” della lana, cappotti avvolgenti. E colori soft che si alternano a inaspettate felpe con il logo del levriero dorato, come se fosse lo stemma di un’accademia dello stile di cui avremmo tanto bisogno tutti.