Squid Game 3 debutta su Netflix con un finale crudo e riflessivo: tra giochi sanguinosi, sacrifici e un epilogo che chiude il cerchio di Gi hun, l’ultima stagione punta a emozionare e provocare. Scopri trama, personaggi e recensioni.

Squid Game 3, il capitolo finale è su Netflix e porta in scena tensione, sangue e scelte estreme fin dal primissimo episodio. La trama di Squid Game 3 riparte esattamente da dove era rimasta: Seong Gi-hun è stato catturato e riportato nel dormitorio, circondato dai pochi sopravvissuti alla rivolta.
Lo show promette una narrazione diretta, senza fronzoli, puntando ancora su sangue, violenza, e suspense – e si crede che chi ha amato le prime due stagioni troverà qui un finale intenso e crudo. Le emozioni scorrono immediate, i personaggi tornano sull’isola, pronti a confrontarsi con giochi ancora più letali e moralmente ambigui: forse qui sta la vera chiave della stagione finale.
Un aspetto curioso è che, nonostante l’enorme popolarità delle stagioni precedenti, la produzione ha scelto una narrazione più intima. Una narrazione che mette in primo piano la psicologia dei personaggi e la disperazione che si annida nei loro gesti. Non si tratta solo di sopravvivere, ma di affrontare i propri demoni, le proprie colpe. E, per qualcuno, persino tentare una sorta di redenzione. C’è chi si chiede se davvero valga la pena continuare a lottare, o se abbandonarsi al destino non sia, in fondo, la scelta più umana.
Squid Game 3 trama e giochi mortali
Il cuore della narrazione è chiaramente la tensione nei nuovi giochi. Tra le novità più rilevanti ci sono:
- un brutale “Nascondino” rivisitato,
- la sfida del salto della corda in versione estrema,
- la prova finale definita “Squid Game in the Sky”.
Nel corso della terza stagione il livello di violenza e suspense sale drasticamente: la regia di Hwang Dong-hyuk sembra voler spingere la storia verso un climax angosciante, dove i concorrenti devono scegliere tra egoismo e solidarietà, spesso con costi altissimi – come già visto nel sacrificio finale di Gi-hun a vantaggio della salvezza del piccolo Baby 222.
È interessante notare come Squid Game 3 mantenga lo stesso impianto visivo e sonoro delle stagioni precedenti, pur spingendo verso tonalità più cupe, senza concedere spazi a romanticismo o consolazione. E si pensa che la sceneggiatura abbia voluto esplorare il tema del sacrificio umano e della redenzione, lasciando allo spettatore domande scomode sulla natura del potere e dell’avidità.
In particolare, uno degli episodi più discussi introduce un “gioco specchio”, dove ogni giocatore è costretto ad affrontare una versione distorta di sé stesso. Un esercizio quasi teatrale che costringe il pubblico a riflettere: fino a che punto si è disposti a perdere la propria umanità per un briciolo di sopravvivenza?
Personaggi, rivelazioni e finali amari
Seong Gi-hun (Lee Jung‑jae), protagonista costretto a una scelta estrema: sopravvivere o sacrificarsi per la salvezza di un innocente. La sua figura precipita in un percorso tragico, fino al sacrificio supremo nel finale, che chiude simbolicamente il cerchio del personaggio. In questa stagione appare molto più tormentato, punito dal senso di colpa per la rivolta fallita e per la morte degli amici.
Il Front Man / Hwang In-ho (Lee Byung‑hun) cambia registro: non più solo antagonista. La sua identità è svelata, il legame fraterno con il detective Jun-ho (Wi Ha‑joon) diventa centrale e, secondo molti, è proprio lui a spingere la trama verso questioni etiche e umane più complesse.
Tra i nuovi ingressi, spicca la gravidanza di Player 222, Kim Jun-hee (Jo Yu‑ri), un colpo di scena emotivo che cambia radicalmente le dinamiche del gioco: la bimba che nascerà, Baby 222, diventa un motivo di speranza e conflitto interiore per Gi-hun.
Un altro elemento su cui porre attenzione: Personaggi come l’ex marine, la ex-detective trans Cho Hyun-ju, e altri sopravvissuti della seconda stagione arricchiscono il cast, ma qualche recensione ha criticato la caratterizzazione “troppo superficiale”, quasi stilizzata. Certo, rimane il loro impatto emotivo nei momenti cruciali.
Alcuni personaggi minori, nonostante il poco spazio, riescono comunque a lasciare il segno grazie a dialoghi ben scritti e a una regia che valorizza anche i dettagli più minimi: uno sguardo, un gesto, una pausa possono raccontare più di cento parole.
L’esperienza d’insieme: recensioni e impatto finale
I critici si dividono. C’è chi apprezza il finale “cinico e cupo”, senza sconti, considerandolo “il miglior capitolo del terzo millennio”. Altri, invece, sottolineano un calo di energia visiva rispetto alla prima stagione, con un’ultima stagione che sembra “più empatica che visionaria”.
Dal punto di vista dei voti, Squid Game 3 ha ottenuto un 90 % su Rotten Tomatoes nelle prime recensioni. Eppure, certi osservatori evidenziano un finale volutamente non consolatorio – né un lieto fine – ma legato al tema del sacrificio umano e della compassione ostinata.
Dal gossip e dai social emerge un altro dato curioso: l’uscita ha causato un crollo momentaneo dei server Netflix, sommersi dalle richieste degli utenti. Non capita spesso che una serie di questa portata blocchi la piattaforma.
Un dettaglio interessante riguarda anche la colonna sonora: meno presente rispetto alle stagioni precedenti, ma capace, con pochi suoni studiati, di incastonarsi perfettamente nei momenti di maggiore tensione. La musica qui non accompagna: inquieta.
Per chi affronta il binge‑watching, la stagione si propone come un’esperienza brutale e riflessiva. Tempo di visione stimato? Sei episodi – scorrevoli e ben ritmati, ma molto intensi – rilasciati tutti insieme il 27 giugno 2025.
La vera domanda resta: vale la pena? Se si cerca il gore fine a sé stesso, forse non è il posto giusto. Ma se l’obiettivo è assistere a un viaggio umano, filosofico e emotivamente doloroso, questa conclusione potrebbe non deludere.
Chi seguirà l’eroico sacrificio, le dinamiche complesse tra fratelli, e il finale “aperto ma forte”, potrà dire di aver vissuto il pieno epilogo di un racconto che ha cambiato le serie tv mondiali.
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