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Cinema e TV

Su Netflix arriva “Pino”: il documentario che riscrive la storia di un artista immortale

Su Netflix arriva “Pino”, il documentario che racconta Pino Daniele in modo autentico e viscerale. Un film d’autore che emoziona, tra musica, immagini inedite e una Napoli che cambia.

Su Netflix arriva “Pino”: il documentario che riscrive la storia di un artista immortale

Quando si parla di documentari musicali, spesso si finisce intrappolati tra interviste celebrative e montaggi prevedibili. Ma con “Pino” su Netflix, qualcosa cambia. Già dalle prime immagini si percepisce un’energia diversa, quasi ruvida, che si oppone alla classica narrazione agiografica. Non c’è una voce fuori campo a guidare il racconto, né un montaggio liscio e accomodante: tutto sembra accadere in presa diretta, come se il film stesso fosse un frammento vivo della memoria.

Chi ha amato Pino Daniele riconoscerà immediatamente quel timbro inconfondibile, quella Napoli che suona blues e quella malinconia che abita certi sguardi. Ma anche chi lo conosce solo di nome, difficilmente resterà indifferente davanti a un lavoro così sincero e potente.


Per chi ama la musica che racconta più di mille parole, o per chi vuole riscoprire un artista che ha saputo parlare a più generazioni senza mai diventare scontato, questo film rappresenta un viaggio da non perdere.


Un documentario su Pino Daniele che va oltre la nostalgia

“Pino”, diretto da Francesco Lettieri, non è un documentario qualsiasi. Presentato al Festival di Berlino, nasce dalla volontà di evitare qualunque tentazione celebrativa. E ci riesce, perché qui non si racconta un’icona, ma si restituisce la presenza viva di un uomo che ha saputo reinventare il suono di Napoli e dell’Italia intera.

Attraverso un montaggio sincopato, quasi musicale, Lettieri costruisce una narrazione fatta di immagini d’archivio, home video, concerti, pezzi di quotidianità, e li cuce insieme come se fossero versi di una lunga canzone. Nessuna linearità cronologica, nessun commento esterno: solo Pino, la sua voce, il suo corpo, la città che lo circonda e lo cambia.

Napoli non fa solo da sfondo. Diventa parte integrante del racconto: si trasforma, si deforma, pulsa, respira insieme alla musica. Si assiste così a una doppia metamorfosi: quella dell’artista e quella della sua città. Un intreccio potente che emoziona senza forzare lacrime, perché si avverte che tutto, in fondo, è ancora vivo.


La famiglia Daniele ha collaborato attivamente al progetto, aprendo gli archivi privati e rendendo possibile l’accesso a materiali inediti. E questa apertura si sente: il film non si limita a raccontare un personaggio, ma offre uno spaccato intimo e autentico, che ha il sapore delle cose vere.

Su Netflix un ritratto emotivo e visivo di un artista immortale

Guardando “Pino” su Netflix si ha la sensazione di attraversare un tempo sospeso, fatto di suoni, luci soffuse, gesti minimi che parlano quanto (e più di) mille parole. Non si cerca di spiegare chi fosse Pino Daniele: si preferisce mostrarlo. Non è poco, in un’epoca in cui tutto tende a essere etichettato, decifrato, impacchettato.


Nel film si ritrovano i grandi compagni di viaggio: James Senese, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Eric Clapton, eppure non sono loro a “raccontarlo”. Sono presenze nel flusso, note in una partitura più grande. Il vero protagonista rimane sempre lui: con la voce, con gli occhi, con il corpo che cambia mentre cambiano le stagioni della vita.

Il montaggio restituisce anche le ambiguità, i silenzi, le zone d’ombra. E proprio in questo sta la forza del documentario: non cerca una morale, non vuole dimostrare nulla. Permette allo spettatore di immergersi in un racconto, senza barriere. Un racconto che sembra suonare da solo, come una vecchia cassetta lasciata partire per caso.


Ci si chiede se sia davvero possibile “raccontare” un artista come Pino Daniele. Forse no. Ma si può fare qualcosa di più sottile e forse più vero: si può evocarlo. Ed è proprio questo che fa “Pino”: evoca, suggerisce, accenna. E lascia che chi guarda riempia gli spazi vuoti con ciò che ha dentro.

Pino Daniele e il tempo che non passa: una Napoli che suona ancora

Guardare questo documentario significa anche fare i conti con una stagione culturale, musicale e sociale che ha lasciato un segno profondo. Gli anni in cui Napoli era un crocevia di suoni, contaminazioni, tensioni. Gli anni in cui la musica poteva ancora essere una presa di posizione, anche solitaria, anche dolente.

Francesco Lettieri è riuscito a creare un’opera personale e asciutta, che non ha bisogno di spiegare: basta osservare. Il volto di Pino, che cambia nel tempo, parla da sé. La città che gli fa da sfondo non è mai la stessa. Eppure c’è qualcosa che resta: quella voce che è carne, poesia, rabbia e dolcezza insieme.

Il documentario invita a guardare oltre il mito, oltre la discografia, oltre i concerti leggendari. Invita a considerare Pino Daniele non come un simbolo, ma come un uomo che ha vissuto attraversando la musica, e lasciando in essa tutto quello che aveva da dare.

In definitiva, “Pino” è un film che non si limita a ricordare, ma fa sentire. Fa risuonare qualcosa che era lì e che, forse, non se n’è mai andato. Come certi brani che basta un attimo per ritrovarli dentro.

Foto © stock.adobe


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