Netflix lancia Diario dei miei due di picche, dramedy svedese tra amore, appuntamenti e amicizia a Malmö. Una serie ironica e sincera che racconta il mondo delle relazioni moderne.

Che cosa succede quando ci si mette in testa di trovare l’amore a tutti i costi? Forse la risposta non è così scontata, soprattutto se si ha trent’anni, si vive in una città frizzante come Malmö, e si ha un diario pieno di nomi di uomini che ti hanno scaricato. Già dal titolo originale svedese (Halva Malmö består av killar som dumpat mig, letteralmente: “Metà di Malmö è composta da ragazzi che mi hanno mollata”), si intuisce il tono ironico e tagliente con cui la protagonista Amanda racconta la sua estate da single.
La serie, su Netflix l’11 settembre 2025, è ispirata al romanzo semi-autobiografico di Amanda Romare, diventato un piccolo cult in Svezia. Ma non aspettarti la solita storia romantica: qui si parla di appuntamenti digitali, crisi esistenziali e quel sottile equilibrio tra vulnerabilità e voglia di ricominciare, con una dose abbondante di ironia.
Nel panorama delle serie dramedy, Diario dei miei due di picche si inserisce in una scia sempre più apprezzata: quella delle storie autentiche, imperfette, ma incredibilmente vere. E in un’epoca in cui tutto si condivide ma poco si vive davvero, Amanda diventa lo specchio di un’intera generazione alle prese con il grande caos dell’intimità. È proprio questo mix di disillusione, speranza e comicità malinconica a rendere questa serie qualcosa di più di un semplice passatempo: è un invito, forse involontario, a guardare le proprie fragilità con un pizzico di leggerezza.
La generazione Tinder trova finalmente la sua serie manifesto
Nel cuore di Diario dei miei due di picche c’è Amanda, interpretata da Carla Sehn, che molti ricorderanno per Love & Anarchy. Trentun anni, un lavoro creativo, una cerchia di amici leali e un’intensa attività sentimentale… per lo più fallimentare. Ogni episodio segue uno dei tanti incontri romantici di Amanda, spesso nati da app di dating, che si concludono puntualmente con un rifiuto più o meno esplicito. Una sfilza di “due di picche” da antologia, affrontati con umorismo più che con cinismo.
Ma non è solo Amanda a vivere queste esperienze: attorno a lei ruotano personaggi altrettanto disillusi, ironici e veri. C’è chi colleziona delusioni, chi si reinventa, chi si aggrappa alle proprie insicurezze. La forza della serie sta proprio nel suo approccio corale: un gruppo di amici che si sostiene, si analizza, si sprona a vicenda mentre cerca di decifrare un mondo sempre più complicato.
Il tono narrativo è fresco ma mai banale. I dialoghi sono vivaci, credibili, spesso taglienti come solo le conversazioni tra amici sanno essere. La serie alterna momenti esilaranti a riflessioni sottili su ciò che si è disposti a fare pur di non sentirsi soli. E così, mentre Amanda si mette in discussione, cambia stile, approccio e persino personalità per piacere agli altri, chi guarda si ritrova a chiedersi: “quante volte l’ho fatto anch’io?”.
Amicizia e ironia: gli ingredienti vincenti del dramedy nordico
Non è un caso se l’umorismo svedese, spesso definito come dry, stia conquistando sempre più spazio nel panorama delle serie internazionali. In Diario dei miei due di picche, si ride per empatia, non per derisione. L’ironia non è un filtro per nascondere il dolore, ma uno strumento per affrontarlo.
Amanda è vulnerabile, spesso buffa nei suoi tentativi di sembrare irresistibile, ma mai patetica. Il suo personaggio è scritto con una delicatezza sorprendente, e il merito va anche alla partecipazione diretta dell’autrice Amanda Romare nell’adattamento televisivo. Insieme alla sorella Adina e a un team di sceneggiatori esperti (tra cui Moa Herngren e Tove Eriksen Hillblom), ha saputo tradurre il tono intimo del diario in una narrazione visiva coinvolgente e stratificata.
Ogni appuntamento diventa un pretesto per esplorare un diverso tipo di uomo e, più in profondità, un diverso tipo di Amanda. I personaggi maschili, infatti, non sono semplici figuranti: ciascuno rappresenta un “archetipo” contemporaneo, quasi catalogato in modo antropologico. Dal consulente al barista, dal vicino al romantico silenzioso, ogni incontro dice qualcosa su ciò che si cerca davvero (e su ciò che si continua a evitare).
Malmö come specchio emotivo: più di una semplice ambientazione
Un dettaglio che non passa inosservato è l’ambientazione. A differenza della più canonica Stoccolma, Diario dei miei due di picche è ambientata interamente a Malmö, città giovane, eclettica e multiculturale che negli ultimi anni si sta affermando come nuovo polo creativo del Nord Europa.
E Malmö non è solo lo sfondo: è parte integrante del racconto. I locali alternativi, le piazze, i bar, gli spazi condivisi diventano il palcoscenico perfetto per le mille vite sentimentali di Amanda. Si crede che l’ambientazione possa influenzare l’emotività di una storia, e in questo caso è proprio così. Il contrasto tra le architetture minimaliste e l’intensità emotiva della protagonista crea un effetto visivo e narrativo intrigante.
Interessante notare come sempre più produzioni svedesi stiano scegliendo Malmö come set, offrendo un punto di vista diverso sulla Scandinavia, più vicino alla realtà quotidiana e meno patinato. Una tendenza che rende queste serie più accessibili e riconoscibili, soprattutto per un pubblico europeo.
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