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Cinema e TV

Killers of the Flower Moon sparisce da Prime Video: hai solo pochi giorni per vederlo

Killers of the Flower Moon sparisce da Prime Video il 17 luglio: perché vale la pena vedere subito il capolavoro di Scorsese con DiCaprio, tratto da una storia vera che scuote e fa riflettere.

Killers of the Flower Moon sparisce da Prime Video: hai solo pochi giorni per vederlo

Di film che parlano di eventi storici realmente accaduti ce ne sono tanti, è vero. Ma quanti riescono davvero a toccare corde profonde senza risultare pesanti o troppo didattici? Con Killers of the Flower Moon, Scorsese mette in scena qualcosa di diverso. Un racconto potente, duro, che non cerca scorciatoie emotive ma arriva dritto al punto, lasciando un segno.

E se si ha poco tempo o si rimanda sempre quel titolo che “prima o poi” si guarderà, questa potrebbe essere la spinta giusta. Basta scegliere una sera tranquilla, magari con le luci basse e senza troppe distrazioni. È uno di quei film da gustare con calma, lasciandosi trasportare, anche se dura più di tre ore.


Perché Killers of the Flower Moon merita la visione prima che lasci Prime Video

La coppia Scorsese-DiCaprio non ha bisogno di presentazioni, ma qui raggiunge qualcosa di raro. Non si tratta solo di una grande performance o di una regia tecnicamente impeccabile. Si tratta di un film che ti fa riflettere anche molto dopo la fine.


La storia segue Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio), appena tornato dalla Grande guerra, che sposa Mollie, una donna della tribù Osage (interpretata da Lily Gladstone). Il loro matrimonio sembra sincero, ma dietro c’è l’ombra di William Hale, lo zio di Ernest, impersonato da un inquietante Robert De Niro. Un uomo affabile solo in apparenza, con mire ben precise: impadronirsi delle ricchezze petrolifere degli Osage.

Il bello è che il film non forza mai la mano. Non cerca di farti commuovere a tutti i costi, non ti urla in faccia il suo messaggio. Ti ci accompagna piano, scena dopo scena, tra silenzi lunghi, sguardi che dicono più di mille parole e una tensione che cresce come un filo tirato sempre più forte.

Sembra quasi di assistere a un western al contrario, dove i “buoni” non sono quelli che si immaginano. E la costruzione dell’America, quella raccontata nei libri di scuola, qui viene mostrata in tutta la sua ambiguità, senza filtri o abbellimenti.


Killers of the Flower Moon: cast stellare e un tema che fa riflettere

Uno dei motivi per cui questo film funziona così bene è il cast. Non solo DiCaprio e De Niro, che ormai sono una garanzia. Anche Lily Gladstone, che regala un’intensità rara, e attori come Jesse Plemons e Brendan Fraser, che ritornano con ruoli solidi e credibili.

La storia da cui nasce tutto è vera. E si sente. Si sente nella scrittura, nella regia, persino nei costumi e nelle musiche. È tratta da un libro di inchiesta di David Grann, che racconta la cosiddetta “Reign of Terror”: un periodo oscuro in cui diversi membri della comunità Osage vennero assassinati per mettere le mani sulle loro ricchezze.


Non si parla solo di soldi. Si parla di potere, di identità, di fiducia tradita. Temi che oggi suonano più attuali che mai. E forse è proprio questo a rendere il film così forte: la capacità di collegare il passato a ciò che ancora oggi accade, magari con forme diverse, ma dinamiche simili.

Tra le cose che colpiscono di più:


  • La regia elegante ma mai compiaciuta
  • Una fotografia che racconta da sola intere sequenze
  • La colonna sonora di Robbie Robertson, intensa e a tratti struggente
  • Il modo in cui viene mostrata la cultura Osage, con rispetto e attenzione

Il film ha ricevuto 10 nomination agli Oscar, e non per caso. Ogni elemento è al suo posto, ogni dettaglio ha un peso. Non c’è niente di superfluo.

Una storia vera che colpisce più della finzione

A volte si ha l’impressione che il passato sia lontano, quasi irreale. Ma guardando questo film, quella distanza si accorcia. Si entra dentro la storia, la si sente sulla pelle. E non perché ci sia chissà quale spettacolarizzazione, ma perché tutto è raccontato con una sincerità disarmante.

La tragedia della tribù Osage non è un semplice fatto storico, è un simbolo. Di come l’avidità può mascherarsi da affetto. Di come la giustizia, a volte, arriva tardi. E di quanto è importante ricordare.

Non è un film comodo. Non si esce leggeri dopo averlo visto. Ma è proprio questo a renderlo necessario. Scorsese non cerca di dare risposte, ma di far porre domande. E lo fa senza giudicare, lasciando allo spettatore il compito più difficile: capire da che parte stare.

C’è ancora tempo per vederlo, ma non molto. Dopo il 17 luglio potrebbe sparire dal radar, come succede spesso con i titoli più scomodi. Meglio non aspettare l’ultimo secondo. Perché certi film non sono solo da guardare. Sono da vivere, da ascoltare, da lasciare decantare. E questo, senza dubbio, è uno di quelli.

Foto © Youtube


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