La serie Netflix sul Mostro di Firenze arriva il 22 ottobre: una data carica di significato storico e simbolico. Nel teaser, un dettaglio musicale riaccende il mistero.

La serie Netflix sul Mostro di Firenze uscirà il 22 ottobre, una data che segna un doppio significato: il ricordo di un delitto e l’anniversario di Netflix Italia. E il trailer accende subito la curiosità.
Ci sono storie che, anche se il tempo passa, restano lì. Non si cancellano. Restano sospese tra la memoria e la pelle, pronte a riaffiorare quando meno te lo aspetti. A volte basta una vecchia melodia, uno sguardo sfuggente, una scena girata con la luce giusta. E tutto riemerge. “Il Mostro”, la nuova serie diretta da Stefano Sollima, ha il potere di fare proprio questo: rimettere sotto gli occhi di tutti una pagina tra le più oscure della cronaca italiana.
Ma senza sensazionalismi, solo con scelte pensate, come quella della data di uscita, il 22 ottobre. Quel giorno non è un numero a caso sul calendario. È un punto preciso nel tempo che apre una ferita e, allo stesso tempo, dice molto sul modo in cui è stata costruita l’intera narrazione. Anche il trailer pubblicato da Netflix l’8 luglio ne dà un assaggio: ogni fotogramma sembra suggerire che nulla è stato lasciato al caso. Per chi ama le storie vere, dense di tensione e interrogativi ancora aperti, questa serie è un appuntamento da non perdere.
Mostro di Firenze: il significato della data del 22 ottobre
Il 22 ottobre 2025 non è solo il giorno in cui Netflix celebra i suoi dieci anni in Italia. È anche il triste anniversario di un delitto che ancora oggi fa tremare chi lo ricorda: quello di Stefano Baldi e Susanna Cambi, uccisi nel 1981 mentre erano appartati in auto, nelle campagne di Calenzano. Quel crimine, uno dei più brutali attribuiti al Mostro di Firenze, è rimasto impresso nella memoria collettiva.
Scegliere proprio questa data per il debutto della serie è una scelta potente, che crea un legame diretto tra un pezzo di storia italiana e un evento contemporaneo del mondo dell’intrattenimento. Una coincidenza cercata, che riporta sotto i riflettori un mistero mai davvero risolto, pieno di piste abbandonate, sospetti e silenzi.
Nel trailer, una scelta musicale in particolare ha colpito chi ha buona memoria: La Tramontana, cantata da Antoine a Sanremo nel 1968. Una canzone all’apparenza spensierata, ma che in questo contesto assume un tono inquietante. Secondo alcune testimonianze, proprio nel 1968, il piccolo Natalino Mele, sopravvissuto a uno dei primi agguati, avrebbe camminato per chilometri nel cuore della notte canticchiando quel brano. Altri dicono che fosse l’assassino a farlo, forse per tranquillizzare il bambino.
Che ci sia un fondo di verità o no, è chiaro che nulla nel trailer è stato messo lì per caso.
Un trailer che non racconta, ma suggerisce
Le prime immagini della serie non colpiscono per effetti speciali o trovate spettacolari. Colpiscono per quello che evocano, per l’atmosfera che riescono a creare. Non c’è bisogno di grandi effetti se sai raccontare un silenzio, una luce soffusa, una tensione che cresce piano piano. È quella sensazione che si prova quando si rivedono certi luoghi, certi dettagli, e si ha l’impressione di essere lì, in mezzo a una storia vera.
La regia è affidata a Stefano Sollima, uno che con le storie forti ci sa fare, lo si è già visto in Gomorra e Romanzo Criminale. Insieme a lui Leonardo Fasoli, che ha la penna giusta per costruire intrecci realistici, capaci di tener
Il cast, composto da attori come Marco Bullitta, Valentino Mannias, Francesca Olia e Antonio Tintis, dà corpo a figure ispirate a personaggi reali, anche se con inevitabili rielaborazioni. Non ci sono nomi altisonanti, ma volti nuovi, scelti per la capacità di portare in scena una verità credibile, fatta anche di silenzi, sguardi e non detti.
E a questo punto viene naturale domandarsi: la serie cercherà di dare risposte? Proporrà una nuova versione dei fatti? O resterà volutamente ambigua, lasciando parlare le immagini?
Una narrazione che riapre ferite mai del tutto chiuse
Chi ha vissuto gli anni del Mostro di Firenze ricorda bene l’ansia che si respirava. Bastava una notizia alla radio, una voce in paese, per far nascere la paura. Le campagne attorno a Firenze, luoghi di quiete e bellezza, si erano trasformate in scenari di terrore. Nessuno si sentiva al sicuro. Non c’erano testimoni, non c’erano indizi chiari, solo una lunga scia di sangue.
Questa serie sembra voler riportare alla luce non solo i fatti, ma anche quel clima. E lo fa mostrando una Firenze diversa da quella delle cartoline: fatta di strade buie, case isolate, silenzi pesanti. Un paesaggio che diventa quasi un personaggio, con i suoi ritmi lenti e le sue ombre.
Il caso del Mostro, nonostante indagini e processi, è rimasto senza una verità condivisa. Molti sospetti, poche certezze. Alcuni colpevoli, ma mai un volto definitivo. E proprio per questo, ogni volta che se ne torna a parlare, si riaprono vecchie ferite. Chissà se questa serie riuscirà a fare luce su qualcosa, o se invece alimenterà nuovi interrogativi.
Una cosa però è certa: il 22 ottobre non sarà solo un giorno come gli altri per gli appassionati di storie vere. Sarà l’inizio di un racconto che, pur partendo dal passato, parla anche al presente. Perché certe domande, anche se scomode, hanno bisogno di tornare a galla.
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